Ciao a tutti,
continuiamo la nostra rubrica sulla divulgazione della cultura musicale e le attività inerenti.
"Nemo non è mai profeta nella propria patria"
Perché?
Quest'espressione trova le sue radici nel Vangelo, dove Matteo, Luca, Marco e Giovanni, riportano frasi del tipo:
"E si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua."
Quindi possiamo prendere per vera oppure tale affermazione, ma quello che ci interessa è capirne la ragione e ponderarla nella società odierna per capire se ancora questa affermazione può avere la validità che ha avuto nel passato.
Innanzitutto osserviamo che quest'asserzione era propria del vecchio continente, mentre nel nuovo, le Americhe quindi, riportano e ci insegnano delle novità.
Quello su cui dobbiamo soffermarci, considerando l'ambiente musicale jazzistico è legato alla pratica lavorativa dei musicisti statunitensi rispetto quella italiana.
Il primo aspetto che emerge è "l'arte di sapersi vendere", che ci spiega in breve il perché del musicista newyorchese, nella big apple lavora a cachet contenuti, soprattutto nei club e senza tirare in ballo gli "all stars" che per ovvi motivi ricevono un trattamento differente, mentre in Italia, non essendo neanche diffusa ed accettata la cultura del musicista lavoratore, (tranne per quei 5 nomi presenti sulla scena dagli anni 70, dove erano solo in 5… ndr) , il trattamento è sempre di fortuna in qualsiasi situazione lavorativa venga coinvolto il musicista. Dicevamo comunque, che gli americani in tournè europee si avvalgono di cachet molto più importanti rispetto lo standard a cui sono abituati, mentre molto spesso per noi italiani questo 'è più difficile' anche oggi, nonostante la situazione economica ben più ristretta.
Tenendo in considerazione il background del musicista di jazz che vive nella big apple, quindi immerso nella culla di questo linguaggio musicale, possiamo spezzare una lancia a nostro favore, forti del fatto che anche noi, sappiamo come fare 'buona musica' e ad altissimo livello, cosa che ci viene riconosciuta dalla gran parte delle terre emerse.
Quindi perché un musicista italiano, che vive nella provincia "x" ed ha tutte le carte in regola per eccellere non trova il giusto riconoscimento da parte della comunità in cui vive? E ancora, perché si è sempre vittime del "fascino dello straniero", a scapito dei nostri artisti locali?
Soprattutto perché, se un nostro artista viene applaudito dall'estero qui da noi, (a meno che non abbia qualche santo in paradiso..) per lavorare deve letteralmente inventarsi il suo modo di sbarcare il lunario?
Oggi abbiamo tutti internet. Internet può essere, ed è la rivoluzione sociale più importante degli ultimi vent'anni.
Quindi, se un artista riceve note di merito da ogni dove, perché poi, in casa sua per lavorare deve comunque faticare?
Tempi addietro, il cui il computer non esisteva, la comunicazione come la viviamo oggi era pressoché inimmaginabile. Quindi, se il caso fortunato, vedeva un'artista superare i confini del paese, ad esempio con un esposizione fotografica, questo bastava a consacrarlo come tale.
E oggi? Che per avere un riconoscimento da una testata giornalista di importanza nazionale, dal Giappone ad esempio, basta una email?
Questo non è sufficiente a far capire anche alle comunità in loco il valore dell'opera in se?
Evidentemente no…ma sarà nostro compito quello di rompere queste barriere e far si che ci sia un'apertura mentale diffusa, tale da aprire gli occhi anche dei meno addetti ai lavori.
Keep on swinging!
Nessun commento:
Posta un commento